Pookelina e' nato con l'idea di ricambiare la compagnia di alcuni bloggers che con la loro simpatia e profondita' mi richiamavano quotidianamente tra le loro pagine. Inizialmente pensavo avrei scritto della mia vita a Seattle. Nel tempo, queste pagine sono diventate anche la storia di un sogno.
E' un sogno antico quanto i miei primi ricordi, quando la sera vedevo il mio papa' rientrare a casa felice e gratificato dal suo lavoro. La sua passione era inesauribile e palpabile e faceva scintillare ancora di piu' la grandezza e nobilta' del suo animo. La sua grande umilta'.
Fin da piccolina ho sentito di essere animata dalla stessa grande passione ed e' uno dei doni piu' grandi che io potessi ereditare. Sono cresciuta sognando che da grande mi sarei presa cura della mia passione. Sono cresciuta sognando che da grande mi sarei presa cura delle persone.
Non ricordo se fosse il 2004 o il 2005. Ma ricordo quel pomeriggio come uno tra i piu' preziosi della mia vita. Quel pomeriggio, nelle aule della vecchia clinica medica di Bologna, ho trovato me stessa. Ho trovato finalmente la mia strada. A mia insaputa.
Un professore ci raccontava la storia della arteriosclerosi ed io, frase dopo frase, passaggio dopo passaggio, freccia dopo freccia, ero incantata dalla patofisiologia di quella storia e dalla padronanza con cui questo brillante professore ce la raccontava. Proprio come piace a me: ogni malattia non e' una serie mnemonica di sintomi ma la storia di qualche meccanismo che e' andato storto. Mi ero chiesta tante volte con chi avrei scritto la tesi di laurea e pensarci in astratto non era mai stato produttivo. Durante quella lezione ho sentito il tanto sospirato click. E il sogno che avevo cullato fin da bambina ha cominciato a battere tra le mie mani, a battere le sue ali e a prepararsi a guidare le redini della mia storia.
Di per se' sono molto timida e tendo a trovare mille scuse "per non". Quel pomeriggio non ho avuto modo di inventare una delle tante scuse che gia' bussavo alla porta di questo professore. Abbiamo parlato forse una mezz'oretta, forse piu' a lungo. Ricordo una grande sintonia. Sintonia di pensiero e obiettivi. Da quella sintonia e' nato un entusiasmo. E da quell'entusiasmo un progetto. Un viaggio. Quel pomeriggio e' nato il mio viaggio. Il viaggio dentro di me. Il viaggio a bordo del mio sogno.
Ricordo il saluto in aeroporto. Io con valigie e progetti piu' grandi di me. Io che salutavo la mia famiglia senza bene sapere cosa stesse per succedere. Sapevo che avevo un biglietto aereo. Sapevo che avrei sorvolato l'oceano per ore. Sapevo che sarei atterrata in America. Ma poi? Non sapevo cosa sarebbe successo. Sapevo solo che il mio migliore amico di allora mi aveva detto che lui in America non sarebbe mai potuto vivere perche' a lui la societa' americana non piaceva. E quella era la spiegazione, nessun'altra ragione piu' specifica. Solo un "Vedrai". Io cercavo di immaginarmi come un intero paese potesse non piacere. Sfidavo la mia immaginazione con la mia ingenuita'. Ero intimorita e fiduciosa allo stesso tempo. Ero titubante e carica per questa nuova avventura. Ero pronta a lasciarmi sfidare e sorprendere dalla vita.
Una volta oltreoceano la prima cosa che mi colpi' furono le bandiere: bandiere a stelle e strisce ovunque, sui porch, sui tetti, sui balconi, nei giardini di ogni casetta. Poi ne sono seguite tante altre di cose che mi hanno stupito, in positivo e in negativo. Negli anni ho capito cosa intendeva il mio migliore amico. Potrei elencare una lista lunghissima di cose che non mi piacciono della societa' americana. Ma non importa quanto questa lista sia lunga. Perche' l'America ha qualcosa che per me e' ineguagliabile e preziosissimo. Qualcosa che ho rincorso una vita intera e che ho scoperto quando sono sbarcata qui per la prima volta. Non sapendo bene come definirla, nel mio vocabolario io l'ho battezzata accademia.
L'accademia e' un posto per me, almeno in astratto, sacro. E' il posto dove le persone parlano la mia lingua, non importa quale sia la loro nazionalita'. E' un tempio dove il biglietto e' il sogno immenso di fare la differenza. Di fare qualcosa di significativo con la propria vita. Di lasciare un mondo migliore. E' un mondo che attira persone che hanno non solo dei sogni ma anche il coraggio di crederci. Io identifico l'accademia nel mondo della mentorship. Dei talenti che sbocciano. Delle passioni che palpitano. Dei grandi romanzi e delle poesie. Dei grandi valori e degli ideali. Della grandezza umana che fa storia. Delle opere d'arte e della musica. L'accademia e' il mio rifugio, la pace con me stessa, una sorta di biblioteca, maestosa e silenziosa, per i miei sogni e pensieri. Il mondo dell'accademia l'ho desiderato per una vita intera. Nell'accademia ho trovato il mio posto nel mondo.
Dal mio primo incontro con l'accademia nel 2005, il resto della storia e' custodita in queste pagine. Fino al suo epilogo. Il 3 dicembre.
Il 3 dicembre 2014 e' un giorno che ho aspettato con il fiato sospeso.
L'ho aspettato inconsciamente per dieci anni.
La notte prima l'ho passata in bianco.
La mattina sembrava interminabile. Poi i miei pazienti mi hanno distratta. Fino alle 11.49.
Alle 11.49 sono corsa a casa.
Il cuore in gola.
La paura di una delusione.
Ancora piu' grande, la paura che questo grande sogno, iniziato dieci anni fa tra i banchi nelle aule ad anfiteatro di Bologna, stesse per avverarsi.
Alle 12 l'esito.
Questo sogno si e' avverato.
Dieci anni dopo questo sogno si e' avverato.
Nonostante il marchio indelebile dell'international medical graduate.
Dopo aver lasciato la mia famiglia che e' il dono piu' grande che io abbia mai ricevuto dalla vita. Dopo aver imposto il sacrificio della distanza e degli abbracci virtuali su skype alle persone che mi amano piu' di chiunque altro.
Dopo essermi chiesta un'infinita' di volte se un giorno mi pentiro', quando sara' troppo tardi, quando le persone che mi hanno messa sempre al primo posto e hanno assecondato ogni mia scelta offrendomi sostegno e amore non ci saranno piu'.
Dopo aver chiesto ad un marito di venire qui, in questa casa, in questo posto che mi ha cambiata per sempre, che mi ha segnata nel profondo, che ha scolpito in me nuovi tratti, nuovi pensieri, nuovi punti di vista, qui dove non avrei mai pensato di mettere piede in vita mia e che e' invece diventato la mia casa, la mia vita, la mia quotidianita'. Questo e' il nostro terzo anno nel Bronx.
Dieci anni dopo, il primo luglio 2015 iniziero' la mia nuova specializzazione.
L'ultimo blocco di training. Non un blocco qualsiasi. Il piu' importante di tutti. Questa volta mi insegneranno quello che faro' per il resto dei miei giorni.
E' la cura che offriro' ai miei pazienti.
E' la conoscenza che offriro' ai miei colleghi.
E' l'esperienza che offriro' ai miei studenti.
Dieci anni dopo ritorno nell'accademia.
E questa volta so che il mio posto me lo sono guadagnata.
Questa volta non e' solamente un regalo da un professore.
Questa volta e' una conquista, la conquista di un sogno cresciuto con me.
Questa volta e' il ricordo di una bambina che la sera correva nell'ingresso in pigiama a salutare il papa' e ora ritornera' a casa donna con tra le mani una realta' ancora piu' immacolata di quanto avesse mai potuto concepire ed immaginare.
Questo sogno adesso ha un nome.
Si chiama Harvard.
E' un sogno antico quanto i miei primi ricordi, quando la sera vedevo il mio papa' rientrare a casa felice e gratificato dal suo lavoro. La sua passione era inesauribile e palpabile e faceva scintillare ancora di piu' la grandezza e nobilta' del suo animo. La sua grande umilta'.
Fin da piccolina ho sentito di essere animata dalla stessa grande passione ed e' uno dei doni piu' grandi che io potessi ereditare. Sono cresciuta sognando che da grande mi sarei presa cura della mia passione. Sono cresciuta sognando che da grande mi sarei presa cura delle persone.
Non ricordo se fosse il 2004 o il 2005. Ma ricordo quel pomeriggio come uno tra i piu' preziosi della mia vita. Quel pomeriggio, nelle aule della vecchia clinica medica di Bologna, ho trovato me stessa. Ho trovato finalmente la mia strada. A mia insaputa.
Un professore ci raccontava la storia della arteriosclerosi ed io, frase dopo frase, passaggio dopo passaggio, freccia dopo freccia, ero incantata dalla patofisiologia di quella storia e dalla padronanza con cui questo brillante professore ce la raccontava. Proprio come piace a me: ogni malattia non e' una serie mnemonica di sintomi ma la storia di qualche meccanismo che e' andato storto. Mi ero chiesta tante volte con chi avrei scritto la tesi di laurea e pensarci in astratto non era mai stato produttivo. Durante quella lezione ho sentito il tanto sospirato click. E il sogno che avevo cullato fin da bambina ha cominciato a battere tra le mie mani, a battere le sue ali e a prepararsi a guidare le redini della mia storia.
Di per se' sono molto timida e tendo a trovare mille scuse "per non". Quel pomeriggio non ho avuto modo di inventare una delle tante scuse che gia' bussavo alla porta di questo professore. Abbiamo parlato forse una mezz'oretta, forse piu' a lungo. Ricordo una grande sintonia. Sintonia di pensiero e obiettivi. Da quella sintonia e' nato un entusiasmo. E da quell'entusiasmo un progetto. Un viaggio. Quel pomeriggio e' nato il mio viaggio. Il viaggio dentro di me. Il viaggio a bordo del mio sogno.
Ricordo il saluto in aeroporto. Io con valigie e progetti piu' grandi di me. Io che salutavo la mia famiglia senza bene sapere cosa stesse per succedere. Sapevo che avevo un biglietto aereo. Sapevo che avrei sorvolato l'oceano per ore. Sapevo che sarei atterrata in America. Ma poi? Non sapevo cosa sarebbe successo. Sapevo solo che il mio migliore amico di allora mi aveva detto che lui in America non sarebbe mai potuto vivere perche' a lui la societa' americana non piaceva. E quella era la spiegazione, nessun'altra ragione piu' specifica. Solo un "Vedrai". Io cercavo di immaginarmi come un intero paese potesse non piacere. Sfidavo la mia immaginazione con la mia ingenuita'. Ero intimorita e fiduciosa allo stesso tempo. Ero titubante e carica per questa nuova avventura. Ero pronta a lasciarmi sfidare e sorprendere dalla vita.
Una volta oltreoceano la prima cosa che mi colpi' furono le bandiere: bandiere a stelle e strisce ovunque, sui porch, sui tetti, sui balconi, nei giardini di ogni casetta. Poi ne sono seguite tante altre di cose che mi hanno stupito, in positivo e in negativo. Negli anni ho capito cosa intendeva il mio migliore amico. Potrei elencare una lista lunghissima di cose che non mi piacciono della societa' americana. Ma non importa quanto questa lista sia lunga. Perche' l'America ha qualcosa che per me e' ineguagliabile e preziosissimo. Qualcosa che ho rincorso una vita intera e che ho scoperto quando sono sbarcata qui per la prima volta. Non sapendo bene come definirla, nel mio vocabolario io l'ho battezzata accademia.
L'accademia e' un posto per me, almeno in astratto, sacro. E' il posto dove le persone parlano la mia lingua, non importa quale sia la loro nazionalita'. E' un tempio dove il biglietto e' il sogno immenso di fare la differenza. Di fare qualcosa di significativo con la propria vita. Di lasciare un mondo migliore. E' un mondo che attira persone che hanno non solo dei sogni ma anche il coraggio di crederci. Io identifico l'accademia nel mondo della mentorship. Dei talenti che sbocciano. Delle passioni che palpitano. Dei grandi romanzi e delle poesie. Dei grandi valori e degli ideali. Della grandezza umana che fa storia. Delle opere d'arte e della musica. L'accademia e' il mio rifugio, la pace con me stessa, una sorta di biblioteca, maestosa e silenziosa, per i miei sogni e pensieri. Il mondo dell'accademia l'ho desiderato per una vita intera. Nell'accademia ho trovato il mio posto nel mondo.
Dal mio primo incontro con l'accademia nel 2005, il resto della storia e' custodita in queste pagine. Fino al suo epilogo. Il 3 dicembre.
Il 3 dicembre 2014 e' un giorno che ho aspettato con il fiato sospeso.
L'ho aspettato inconsciamente per dieci anni.
La notte prima l'ho passata in bianco.
La mattina sembrava interminabile. Poi i miei pazienti mi hanno distratta. Fino alle 11.49.
Alle 11.49 sono corsa a casa.
Il cuore in gola.
La paura di una delusione.
Ancora piu' grande, la paura che questo grande sogno, iniziato dieci anni fa tra i banchi nelle aule ad anfiteatro di Bologna, stesse per avverarsi.
Alle 12 l'esito.
Questo sogno si e' avverato.
Dieci anni dopo questo sogno si e' avverato.
Nonostante il marchio indelebile dell'international medical graduate.
Dopo aver lasciato la mia famiglia che e' il dono piu' grande che io abbia mai ricevuto dalla vita. Dopo aver imposto il sacrificio della distanza e degli abbracci virtuali su skype alle persone che mi amano piu' di chiunque altro.
Dopo essermi chiesta un'infinita' di volte se un giorno mi pentiro', quando sara' troppo tardi, quando le persone che mi hanno messa sempre al primo posto e hanno assecondato ogni mia scelta offrendomi sostegno e amore non ci saranno piu'.
Dopo aver chiesto ad un marito di venire qui, in questa casa, in questo posto che mi ha cambiata per sempre, che mi ha segnata nel profondo, che ha scolpito in me nuovi tratti, nuovi pensieri, nuovi punti di vista, qui dove non avrei mai pensato di mettere piede in vita mia e che e' invece diventato la mia casa, la mia vita, la mia quotidianita'. Questo e' il nostro terzo anno nel Bronx.
Dieci anni dopo, il primo luglio 2015 iniziero' la mia nuova specializzazione.
L'ultimo blocco di training. Non un blocco qualsiasi. Il piu' importante di tutti. Questa volta mi insegneranno quello che faro' per il resto dei miei giorni.
E' la cura che offriro' ai miei pazienti.
E' la conoscenza che offriro' ai miei colleghi.
E' l'esperienza che offriro' ai miei studenti.
Dieci anni dopo ritorno nell'accademia.
E questa volta so che il mio posto me lo sono guadagnata.
Questa volta non e' solamente un regalo da un professore.
Questa volta e' una conquista, la conquista di un sogno cresciuto con me.
Questa volta e' il ricordo di una bambina che la sera correva nell'ingresso in pigiama a salutare il papa' e ora ritornera' a casa donna con tra le mani una realta' ancora piu' immacolata di quanto avesse mai potuto concepire ed immaginare.
Questo sogno adesso ha un nome.
Si chiama Harvard.