L'informational interview e il networking sono due concetti in cui mi sono imbattuta fondamentalmente dopo essere sbarcata in terra americana. Inizialmente mi intrigava quest'idea di solidarieta' professionale nella societa' ma la concepivo poco. Ora che l'ho sperimentata di persona la apprezzo moltissimo e apprezzo sempre di piu' questo lato della cultura e della societa' americane.
Cos'e' una informational interview? Un caffe', un aperitivo, una chiacchierata con una persona a cui porre delle domande per ottenere delle informazioni. Generalmente e' una persona piu' avanti nel percorso professionale (di tanto o di poco non importa), conosciuta con un passaparola, a una conferenza, ad una cena, ad un evento qualsiasi, con la quale poi ci si incontra per chiedere consiglio, per ricevere una dritta, per ascoltare la sua esperienza, per parlare e crescere etc.
Tante volte quando rimpatrio mi sento chiedere
"Com'e' l'America?"
Dietro quella domanda c'e' di tutto: la partecipazione di chi ti vuole bene, l'interesse di un amico, la curiosita' di qualcuno che e' soddisfatto della propria vita e sta comunque bene dove e' e vuole semplicemente ascoltare la tua esperienza.
A volte invece dietro quelle parole percepisco la speranza di sentire che e' il posto dove i sogni diventano possibili.
E secondo me lo e'.
Ma lo e' non perche' sia piu' facile realizzarli che altrove.
Lo e' perche' le persone hanno dei sogni che cullano davvero. In cui credono davvero. In cui si immedesimano e per i quali si battono e danno l'anima.
In cui investono plasmandoci attorno scelte di vita.
Con entusiasmo e determinazione.
L'America non e' il paese delle scorciatoie, del far fortuna investendo nella prima cosa che balena per la testa o il posto dove i tasselli in disordine altrove trovano magicamente il loro posto. E' il paese che premia la dedizione, la passione, la fiducia nelle proprie idee. E' il paese dove l'uomo cerca e rincorre la sfida intellettuale. Dove l'informational interview e' all'ordine del giorno. Perche' esiste davvero lo sforzo comune per un mondo migliore. Che non e' una frase fatta che rassicura le coscienze dei singoli ma l'obiettivo di chi e' disposto a mettersi in gioco e condividere. In America ti educano alla condivisione. Alla condivisione di idee, della conoscenza, delle esperienze, dei contatti, dei progetti etc. e questa attitudine prevale sulla gelosia per il proprio "orticello", per i propri appunti sui banchi di scuola, per un contatto professionale, per un'opportunita' di cui si e' appena sentito, per un progetto in mente da tenere per se stessi perche' non si sa mai. Sul
do ut des prevale la fiducia nell'uomo, nella sua intelligenza e nelle sue potenzialita'. La fiducia nel
giving back, nella riconoscenza per quello che il passato ci ha lasciato e nella volonta' di creare un futuro migliore per le generazioni a venire. Perche' la cultura americana e' la cultura della coscienza comune, del bene della societa'. E' la cultura della coscienza di un Paese che crede di poter guidare o comunque influenzare il progresso del mondo, di poter rendere il mondo un posto migliore. Via via migliore. Generazione dopo generazione. Attraverso il cambiamento. Di un paese che crede nel cambiamento.
Mi e' piaciuta molto la frase di un professore che vive a NYC e che qualche giorno fa era a Seattle. Diceva piu' o meno cosi'. Il bello di NY e' che c'e' sempre qualcuno migliore di te (professionalmente). E la parte piu' bella era che nelle sue parole non ho percepito invidia, frustrazione o senso di inferiorita'. Ma semplicemente gratificazione di fronte a stimoli costanti e tanta passione per il proprio lavoro e per la sfida intellettuale che muove l'America, che e' cosi' insita nelle coscienze da indurre famiglie a (ri-)impacchettare la propria vita e continuare la propria storia altrove.
Perche' il cambiamento fa paura.
Perche' nel cambiamento ti misuri con te stesso.
Perche' per il cambiamento ci vuole coraggio.
Ma il cambiamento ci rende persone migliori.
E il cambiamento e' vita.