Friday, April 8, 2011

Meritocrazia

In questo processo di integrazione nel sistema americano sto toccando con mano la famosa meritocrazia. La sento in ogni piccolo passo che faccio. La intravedo in ogni piccolo passo che mi aspetta in questo lungo percorso verso la specialità. A volte mi sfinisce perché, almeno in questa fase, non puoi mai abbassare la guardia, devi sempre stare a galla, sempre keep up with it. Eppure... mi guardo. E sento che la meritocrazia mi ha accolto laureata. E ha fatto di me una donna. Mi ha visto annoiata in una vita che mi piaceva assai ma sapevo non essere "giusta".  Perché non perseguivo il mio ideale piu' grande. Perché non vivevo al livello dei miei ideali. Sapevo che era un passaggio obbligato, quindi, tanto valeva che me la godessi. E i miei primi anni in America me li sono proprio goduti. Ma non farei mai cambio con la vita di adesso. Adesso sento il rischio incombere sopra di me. La libertà di scelta osservarmi mentre rimescolo le mie carte e decido come giocarle.  La meritocrazia sempre disponibile a fare quello che sa fare meglio: instancabilmente lanciare una sfida. E quando stai per tagliare il traguardo, hop, sposta il traguardo un pelo più in la'. E non lo fa a tradimento, non e' beffarda, ma sta alle regole del gioco. O forse alla sola regola del gioco: puoi sempre fare di piu', puoi sempre fare di meglio. Puoi sempre diventare una persona migliore. Tu pensi di star cercando il tuo posto nel mondo. Ma quel posto non ha destinazione. E' un cammino continuo, un mutare, un migliorarti, un rimetterti in gioco, un misurarti con te stesso e poi slittare la scala dei tuoi valori una notch up. Ad ogni punto d'arrivo, ne segue un altro. Ad ogni punto esclamativo, ne segue un altro. Ma di domanda. Perche' il divertimento sta nel gioco, non nella medaglia. Perche' la certezza e' bella finche' non diventa torpore. Perche' la stabilita' e' bella finche' non trattiene dal fare di meglio.
Ieri ero ad un panel. Silenziosamente mi sono osservata su quella seggiolina tra studenti di medicina. Ho ripensato a quando ero studente di medicina nelle aule di Bologna. Ho ripercorso la mia vita. E mi sono vista piccola pedina. Non impotente pedina di un inesorabile destino. Bensi' fortunata pedina nelle mie stesse mani. Pedina delle mie mosse, delle mie scelte. Mi sono sentita homo faber fortunae suae. E riconoscente per questa opportunita'.

4 comments:

  1. Mi è sembrata la risposta al mio post 'autoseduta dallo psicologo'.

    Grazie

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  2. Ciao Cliffhanger :)! L'ho letto ora (ma altrimenti ti leggo puntualmente :), solo ieri ero al panel che ha generato il post). Che bella la frase "non può lamentarsi perchè tutto quello che ha è fantastico, ma quello che sta cercando di avere, i desideri, non sono qualcosa che si possa ottenere con una pianificazione a tavolino." E' una sensazione con cui sono fin troppo familiare... Ora vado a postare quello che ho letto nella prefazione a uno dei libri che sto studiando... e che ci riguarda :)!

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  3. Grazie... ho letto prima il tuo nuovo post del commento :-P

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